Il Progetto

Introduzione

In questi ultimi anni si registra un crescente interesse riguardo l’impatto ambientale delle attività antropiche, in relazione anche ai cambiamenti climatici che sono in atto, il che ha portato a definire idonei obiettivi e programmi di miglioramento ambientale. Sotto questo aspetto l’UE e gli stati membri, stanno promuovendo strategie finalizzate alla riduzione del fabbisogno di energia primaria e all’abbattimento delle emissioni di GHG, come ad esempio il pacchetto clima ed energia 2020.
È chiaro che le problematiche ambientali riguardano tutti i settori produttivi anche il settore agricolo, anzi quest’ultimo è chiamato ad affrontare una doppia sfida globale: da un lato contribuire al contenimento delle emissioni di gas climalteranti (in primis l'anidride carbonica) attraverso un'analisi e una revisione dei processi produttivi, dall’altro, adattarsi alle nuove condizioni climatiche che sono causa di maggiore variabilità nella produzione agricola e dei rischi delle coltivazioni. In questo contesto, le aziende agricole o i consorzi di produzione agricola stanno acquisendo una maggiore consapevolezza sui temi che tradizionalmente hanno avuto un ruolo marginale nelle strategie di business, come ad esempio le questioni legate alla sostenibilità ambientale dei propri prodotti.

Il settore vinicolo

Anche nel settore vitivinicolo si sta via via diffondendo un forte interesse verso la stima delle emissioni di gas climalteranti dei prodotti finali, in quanto l'attenzione verso la sostenibilità ambientale sta diventando un efficace strumento di marketing commerciale grazie all'accresciuta sensibilità della popolazione verso queste tematiche.
Il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, nell’ambito di una strategia per la riduzione delle emissioni dei gas serra e la promozione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, vuole realizzare un innovativo progetto per la misura della performance ambientale del distretto DOCG del Vino Nobile di Montepulciano, partendo proprio dal monitoraggio delle emissioni di anidride carbonica di una unità elementare di riferimento di Vino Nobile di Montepulciano.

Il concetto di ambiente

image

In questi anni la crescente interazione che si è venuta a creare tra il campo scientifico e il campo sociale ha portato a caratterizzare la nozione di “ambiente” per una vasta polisemia che prende origine dall’etimologia della parola stessa. Con il termine «ambiente», infatti, non si designa una realtà ben precisa ma si rimanda nello stesso tempo a “ciò che circonda” e a “ciò che è circondato”, cioè in altri termini la biosfera e i suoi equilibri, il paesaggio, le piante, gli animali, gli esseri umani.
Spesso quando si parla di “ambiente” si fa riferimento ad una nozione multidimensionale, tipicamente relativa, dipendente dal contesto in cui è utilizzata. In alcune definizione, per "ambiente" si intende «il contesto delle risorse naturali e delle stesse opere più significative dell’uomo protette dall’ordinamento [giuridico] perché la loro conservazione è ritenuta fondamentale per il pieno sviluppo della persona. Ovvero che l’ambiente è una nozione, oltre che unitaria, anche generale, comprensiva delle risorse naturali e culturali».
Da queste definizioni teoriche possiamo quindi constatare che il termine “ambiente” rinvia ad un’opposizione dicotomica tra ciò che è fisicamente intorno – l’ambiente fisico, bio-fisico o la natura – e il contesto economico sociale e culturale, che serve da sfondo alle attività dell’attore o dei gruppi sociali.

Ambiente e sviluppo economico

Sul rapporto tra ambiente e sviluppo economico si è sviluppato un amplissimo dibattito internazionale a partire dagli anni settanta, con il manifestarsi di problemi ambientali di carattere globale e con la presa di coscienza che essi vanno affrontati nell’ambito di politiche concordate in sede internazionale. In questi ultimi venti anni abbiamo assistito, positivamente, ad una evoluzione della relazione tra “ambiente e modernità” che è stata sintetizzata e strutturata in una nuova teoria sociologica denominata “modernizzazione ecologica”, che supera la teoria della modernità riflessiva o della società del rischio. La teoria della “modernizzazione ecologica” sostiene che la conflittualità tra i sistemi sociali attuali e i sistemi ambientali può essere superata, identificando, per esempio, nella nozione di sviluppo sostenibile, proposta dal Rapport Brundtland, una prova di questa forma di ottimismo politico e tecnologico. Questo nuovo approccio è basato sull’esperienza concreta di alcuni Stati che hanno dimostrato come sia possibile per le istituzioni moderne incorporare gli interessi ambientali nell’azione di governo, contrariamente a quanto avviene in altre società dove gli interessi economici e politici dominano le politiche di sviluppo portando ad un incremento del danno e del degrado ambientale.
La modernizzazione ecologica, in quanto teoria del mutamento sociale, si focalizza sulle trasformazioni sociali e istituzionali che sono alla base del processo di riforma ambientale o ecologica. Analizzando i modi con cui le società contemporanee industrializzate hanno affrontato le crisi ambientali, si è potuto notare l’intrinseca capacità, di queste società, di far fronte alle crisi ecologiche e di articolare la crescita economica con degli obiettivi ambientali. Questa capacità si basa su di un certo ottimismo tecnologico, che tenta di analizzare e di individuare le chiavi del passaggio da una società industriale inquinante ad una nuova società del futuro super industrializzata e compatibile con l’ambiente. In questo senso, se si analizza la politica industriale dell’Unione Europea, si può trovare già un esempio tangibile di questi processi di ecologizzazione: per esempio l’introduzione graduale delle best available technologies nei processi produttivi, rappresenta in nuce il primo passaggio verso la sostituzione delle obsolete tecnologie utilizzate con dei processi di produzione più “puliti” e sostenibili per l’ambiente.
L’approccio della modernizzazione ecologica assegna un ruolo determinante alle dinamiche economiche e di mercato cosi come agli agenti economici nell’attuazione della riforma ecologica. Lo sviluppo economico e la qualità ambientale sono, quindi, considerati come interdipendenti e non più opposti ed incompatibili.
La loro compatibilità è resa possibile dall’«<>ecologizzazione» dell’economia ma anche dall’«economizzazione» dell’ecologia. L’una si realizza attraverso l’internalizzazione delle esternalità della produzione; l’altra attraverso l’articolazione di standard ambientali con i processi economici, attraverso l’intervento di terze parti.
In questo contesto, oramai diverse aziende, per rispondere ai vincoli imposti dal mercato, stanno attivando processi di certificazione ambientale dei propri prodotti e o dei propri processi di produzione, in modo tale da certificare le proprie performance ambientali per aumentare la propria competitività sui mercati. Tutto questo si inquadra in una strategia complessiva volta a sostenere un approccio integrato a favore di un consumo e di una produzione sostenibile e per la promozione di una politica industriale durevole. In particolare l’obiettivo finale che si vuole raggiungere è quello di migliorare la resa energetica e ambientale dei prodotti e promuoverne l'accettazione da parte dei consumatori. La sfida che abbiamo di fronte è quella di creare un circolo virtuoso: migliorare la resa ambientale generale dei prodotti durante tutto il loro ciclo vitale, promuovere ed incentivare la domanda di prodotti migliori e di tecnologie di produzione migliori, aiutando i consumatori a scegliere meglio grazie ad un sistema di etichettatura maggiormente coerente e semplificata.

Ambiente come chiave di competitività aziendale

Il rapporto fra le prestazioni ambientali di un’azienda e la sua competitività ha vissuto in questi ultimi anni una notevole evoluzione, portando a rafforzare la responsabilità degli imprenditori e a inserire progressivamente la variabile ambiente nelle strategie di competitività. Non può sfuggire, infatti, che la vera sfida che hanno oggi di fronte le aziende produttrici, per continuare a produrre e non perdere competitività, è quella di operare dei processi di ambientalizzazione dei propri cicli produttivi, che presuppone a sua volta una costante innovazione di processo e di prodotto secondo tecniche e metodologie ecocompatibili.
Questi processi di ambientalizzazione non sono economicamente neutrali e generalmente portano alla chiusura di processi produttivi obsoleti che necessitano di estremi interventi di riabilitazione ambientale. Pertanto i processi di ecologizzazione dei sistemi produttivi possono essere inquadrati come dei processi selettivi, nei quali lo sviluppo tecnologico modellerà sempre più la nostra quotidianità, il nostro modo di vivere e di comportarci. All’interno di questo scenario in continua evoluzione, non tutte le aziende potranno riuscire a tenere il passo adeguando le proprie strategie e modelli di business alle nuove condizioni che si creeranno sul mercato. In altri termini si può introdurre un richiamo alle teorie evoluzioniste di Darwin applicate al mondo produttivo.
Il processo di innovazione tecnologica e produttiva costringerà le aziende, di grandi o piccole dimensioni, a “mettersi in gioco” e se non si adegueranno finiranno per essere schiacciati dal processo evolutivo di matrice ambientale. Questo tipo di scenario se applicato al settore agricolo creerà forti ripercussioni dal punto di vista socio-culturale ed economico, in quanto la marginalizzazione per motivi ambientali di piccole aziende agroindustriali, che producono però prodotti tipici e di qualità, porterà ad un evidente depauperamento del patrimonio storico-culturale. Sulla base di questo ragionamento si è voluto elaborare un nuovo concetto di sviluppo economico ambientale, che trae origine dalla “modernizzazione ecologica” e che chiameremo “ambientalismo sociale”.

Ambientalismo sociale

Con «ambientalismo sociale» si intendere un programma di ambientalizzazione di interi distretti produttivi locali, basato su un meccanismo locale di compensazione volontaria degli impatti ambientali per permettere all’intero distretto produttivo un adeguamento ambientale globale e quindi la possibilità di una sopravvivenza nei mercati. In altri termini, dopo un’attenta analisi delle performance ambientali di tutte le imprese produttive che insistono nel distretto produttivo, sarà sviluppato un programma di interventi di ambientalizzazione per quelle imprese che, pur producendo prodotti tipici e di qualità non hanno potuto investire, per dimensioni e leve economiche, in miglioramento tecnologico e ambientale della propria azienda. I costi di ambientalizzazione saranno sopportati da tutte le imprese appartenenti al distretto produttivo avvalendosi eventualmente di contributi pubblici. In questo modo le piccole imprese appartenenti ad un distretto produttivo potranno continuare ad operare sui mercati beneficiando del contributo di solidarietà ambientale di tutte le altre imprese appartenenti al distretto produttivo. Si attiverà cosi un processo di tutela della “biodiversità” aziendale favorendo quelle piccole imprese che operando su nicchie di prodotto e di mercato, non hanno le leve economiche per investire, da sole, in tecnologie e know-how. Attraverso politiche di “ambientalismo sociale” sarà, così, possibile ristrutturale ecologicamente il tessuto produttivo dei diversi distretti produttivi locali, mantenendo la “biodiversità” produttiva che rappresenta un elemento rilevante del nostro patrimonio produttivo e culturale.

Attraverso politiche di “ambientalismo sociale” sarà, così, possibile ristrutturale ecologicamente il tessuto produttivo dei diversi distretti produttivi locali, mantenendo la “biodiversità” produttiva che rappresenta un elemento rilevante del nostro patrimonio produttivo e culturale.